Nel pomeriggio di domenica 11 febbraio si è tenuta la premiazione del bando "Lettera a San Valentino, Premio ai Sentimenti" presso il salone della residenza Richelmy di via San Donato 97, Torino.
Sono presenti il membri della Giuria Popolare, i partecipanti al bando e un folto pubblico presente in sala per la premiazione e l'ascolto degli elaborati premiati.
Premiazione - Lettera a San Valentino 2024
Presidente UniTre Torino, Giuseppe Campra con Bianca Balocco
Direttrice Residenza Richelmy, dott.ssa Chiara Celentano con Bianca Balocco
Claudio Bertola, 1° Premio assoluto, "Il Crocifisso di Corallo"
Elena Alberton, 1° Premio æxequo, "Che cosa mi metto ?"
Daniele Ponsero, Premio Oro æxequo, "La canson dël Torent" poesia in piemontese
Giusy Izzo, Primo premio æxequo, "I ricordi dell'amore"
Maria Pia Cusimano, Menzione Oro æxequo, "Per il nostro 50° anniversario"
Marisa Bernardi, Menzione Oro æxequo, "Noi"
Enza D'Amuri, Menzione Oro æxequo, "Quore"
Classifica | Autore | Titolo Opera | |
1 | 1mo PREMIO ASSOLUTO | CLAUDIO BERTOLA | IL CROCIFISSO DI CORALLO |
2 | PRIMO PREMIO | FRANCESCO & ROSANNA BALBO | ALLA QUERCIA |
3 | PRIMO PREMIO | GIUSY IZZO | I RICORDI DELL'AMORE |
4 | PRIMO PREMIO | ALBERTON ELENA | CHE COSA MI METTO |
5 | PREMIO ORO | ELIO FASOLO | UNA GIOIA DEL TUO CUORE |
6 | PREMIO ORO | ROSANNA DURANDO | MIO CARO |
7 | PREMIO ORO | CARLA AUDAGNOTTO | IL NERO DELLA NOTTE |
8 | PREMIO ORO | DANIELE PONSERO | LA CANSON DEL TORENT |
9 | MENZIONE ORO | GIULIA GUATELLI | PER SEMPRE |
10 | MENZIONE ORO | ENZA D'AMURI | QUORE |
11 | MENZIONE ORO | MICHELANGELO LA ROCCA | COS'E' L'AMORE |
12 | MENZIONE ORO | FRANCESCA SARTORIO | ACCORGERSI |
13 | MENZIONE ORO | MARISA BERNARDI | NOI |
14 | MENZIONE ORO | GIUSY GASTALDI | I RAGAZZI DI RADIO TESSO |
15 | MENZIONE ORO | MARIA PIA CUSIMANO | PER IL NOSTRO 50mo ANNIVERSARIO |
16 | MENZIONE ORO | GIANFRANCO BUCCOLIERO | QUANDO TE NE ANRAI |
17 | MENZIONE ORO | MARIA LISA SUMMARIA | PRIMA E DOPO |
18 | MENZIONE ORO | ROSELLA CASTAGNA | AMANTI DELLA VITA E DELLA LIBERTA', IO E MIO MARITO ANGELO... |
1mo PREMIO ASSOLUTO la lettera di Claudo Bertola
IL CROCEFISSO DI CORALLO
Josè inforcò con agilità la bicicletta per la sua ultima consegna. Era una calda notte estiva e una luna vicina e luminosa giocava sui muri di Taranto vecchia. Per quanto avesse passato i quarant’anni, aveva l’agilità e il fisico di un adolescente. Era alto un metro e ottanta e pesava settantadue chili, i capelli ricci e un naso triangolato. Per anni aveva fatto il pescatore di nasse sui pescherecci degli altri, come già suo padre. Con la crisi si era trovato senza lavoro e si era adattato a lavorare per la pizzeria Muriddu, di giorno come tuttofare e la sera consegnando le pizze a domicilio.
Era così che aveva conosciuto Zamira, una vecchina minuta che abitava in un fatiscente monolocale di via della Cava. Ogni domenica Zamira ordinava una pizza margherita e questo era probabilmente l’unico lusso che poteva concedersi.
Con vivaci occhi azzurri e una naturale timida grazia doveva essere stata da giovane una donna non solo bella ma anche seducente.
La pizza margherita di Zamira era sempre l’ultima consegna della domenica perché lui abitava lì vicino e dopo andava a casa. Qualche mese addietro era accaduto qualcosa.
Mentre le consegnava la pizza si era chinato e il suo crocefisso di corallo era scivolato fuori dalla maglietta. Zamira lo aveva visto e in forte stato di agitazione aveva cominciato a fargli domande a raffica: “Chi ti ha dato quel crocefisso? Come ti chiami? Quanti anni hai? Chi sono i tuoi genitori? Sei stato adottato?“ Lui le aveva preso le mani cercando di calmarla. E così le aveva detto il suo nome e la sua età, e sì, anche che era stato adottato e che non aveva mai conosciuto i suoi genitori naturali, perché erano morti quando lui era molto piccolo.
Allora gli occhi della donna si erano riempiti di lacrime, si era messa una mano sul petto e ansimava profondamente, come se provasse un grande dolore. E aveva cominciato a dire frasi sconnesse. “Sono la tua mamma, tu sei il mio Elias, abbi pietà di me e perdonami, ti prego, non sapevo cosa facevo. Ti ho cercato tanto. Mi hanno detto solo che eri stato adottato e che non potevano dirmi altro.“
“Non puoi essere mia madre“ le aveva quasi urlato Josè ed era scappato, turbato profondamente da quella donna disperata che alla finestra continuava a chiamarlo Elias. Era poi successo che la vecchina ordinasse la pizza tutte le sere e insistesse per farlo fermare a mangiare con lei.
Lui aveva rifiutato ma si era accorto che lei spendeva i suoi pochi soldi per vederlo ogni sera e si era rassegnato. Alla fine del turno prendeva qualcosa per due e andava da lei. Però le aveva detto “Vengo, ma non chiamarmi più Elias. Non sono tuo figlio“.
Mangiavano quasi senza parlarsi, poi lei si sedeva accanto a lui e nel silenzio della notte gli raccontava della sua giovinezza. Zamira era natia di S.Marzano di Giuseppe e la sua famiglia faceva parte della comunità arbëreshë, era cioè di lingua e cultura albanese. Da ragazza la chiamavano la “madonna del presepe“ per quanto era bella e perché faceva veramente la madonna nel presepe vivente di San Marzano.
A 15 anni aveva perduto la testa per Damiano, il suo unico e grande amore. Lui era un albanese del tarantino che aveva dieci anni più di lei e si guadagnava da vivere suonando e cantando ai balli e alle feste. Alto e magro con i capelli neri, le ragazze in strada non smettevano di guardarlo per quanto era bello. La sua famiglia non avrebbe mai accettato il suo matrimonio con lui e per questo erano scappati insieme, lontano dalla loro comunità e dalla Puglia. Anni bellissimi, in giro per l’Italia, senza una meta, senza una lira, belli, felici e innamorati. Campavano con la musica di lui e lei lo accompagnava ballando.
Zamira aveva poi detto: “Non volevamo avere figli, non avremmo potuto mantenerli, ma poi sei nato tu, Elias. Non avevo i mezzi per farti crescere ma ho sbagliato. Perdonami.“ gli aveva detto in un sussurro, mentre il suo cuore batteva troppo forte in petto.
“Zamira smettila, io non sono tuo figlio“ aveva detto Josè.
Ma lei aveva proseguito. “Damiano è morto improvvisamente quando eri nato da poco. Senza soldi e senza nessuno che mi potesse aiutare sono tornata in Puglia, ma ho avuto paura, la mia gente non mi avrebbe mai perdonato. Così ti ho portato dalle suore. Non avevo nulla da lasciarti tranne il crocefisso di corallo che hai al collo.“
“Zamira, il crocefisso che ho al collo era del mio padre adottivo. Era un pescatore e mi ha raccontato dei miei veri genitori che sono morti in mare quando il gommone si è rovesciato.“ “E tu gli hai creduto?“ sussurrò Zamira. “Certo che gli ho creduto Zamira“, disse Josè.
E poi con voce leggermente arrabbiata “Zamira, io non posso essere tuo figlio. Sono nero, nero come il carbone mentre tu sei bianca e bianco era il tuo Damiano.“
Lei annuì riluttante con gli occhi bassi come una bambina presa in castagna. Restò in silenzio per un momento poi lo guardò e lo stupore nella sua voce era sincero “Oh, Elias! Eri troppo piccolo, il tuo padre adottivo non poteva dirti la verità.“
Nel lungo silenzio che era seguito Josè aveva fissato intensamente il viso di lei. In quell’istante e per tutti gli anni che avevano davanti, l’aria intorno a loro cambiò. Hai riavuto il tuo bambino, pensò mentre le sorrideva e rispondeva “Hai ragione mamma“.