Un obbiettivo essenziale della Meditazione, sia essa di ispirazione buddista antichissima e orientale, sia cristiana, pensando agli antichi padri del deserto e ai monaci cristiani, è certamente la pratica del nobile silenzio, interiore ed esteriore, con la finalità di far venire a galla e alla percezione nitida della coscienza vigile ciò che in noi è nascosto, rimosso e allontanato dalla stessa. Noi tendiamo a vivere la nostra vita nel momento passeggero, in modo reattivo e parziale come se fossimo un po' tutti dei "visconti dimezzati" (v. il romanzo  omonimo di I. Calvino) e facilmente preda delle infinite sollecitazioni che ci arrivano dal mondo fuori di noi, in famiglia, nel lavoro e nella società.

La meditazione recupera i vissuti rimossi - soprattutto l'infante e l'adolescente che siamo stati - della nostra esperienza vitale, restituendoci integrità e pienezza di essere, nel nostro relazionarci a noi stessi e agli altri. Meditare diventa ricerca di connessioni tra testa, cuore e corpo, ragione, intuizione e sensazioni. Pensiamo a quanto ci suggeriscono parole di uso comune come ricordare, scordare,  accordo, disaccordo. Allora meditare diventa spazio e calma per richiamare al cuore, ricordare per l'appunto, ciò che è precipitato nell'oblio, lasciandolo venire a galla, piuttosto che s- cordarlo e rimuoverlo dalla nostra percezione vigile. La grande voragine dell'inconscio ci costituisce, infatti, strutturalmente. I suoi contenuti traspaiono nei nostri sogni e condizionano la  nostra esistenza e ci obbligano a comportarci, a nostra insaputa, come se non esistesse. Ci troviamo così ad accordarci o disaccordarci con noi stessi e gli altri, amici, nemici, simpatici,  empatici, antipatici, senza neppure sapere perché ci viene istintivo, compulsivo, spontaneo di fare questo o quello. Fermarci nel silenzio meditativo ci aiuta così a calmarci, rilassarci,  lasciare andare pensieri, preoccupazioni, emozioni disturbanti, che si rinnovano continuamente nel caos quotidiano e ci fanno dimenticare la complessità e ricchezza della nostra natura,  che non può ridursi soltanto a ciò che ci appare nel rapido succedere di eventi esterni, cui rispondono nostre superficiali reazioni di paura, avversione, compiacenza, mortificazione, o  euforia spesso illusoria.

Può aprirsi allora lo spazio, perché emerga di tutto un po', spavento, collera, confusione, sentimenti di gelosia, invidia, anche emozioni positive, si capisce, ma  intanto ciò che disturba può scoraggiare il desiderio di meditare: abbiamo avuto nel gruppo esperienze di questo rischio nelle versioni di alcune nostre amiche-ci, ma insieme lo abbiamo compreso. Sappiamo infatti che il malessere va osservato e non ignorato, riprendendo la vita di corsa ed evitando di fermarsi a guardare per non esserne turbati. Lavoro interiore vuol  dire anche pagare un certo tributo faticoso, al fine di appropriarci delle energie disperse con le nostre fantasie disordinate. Il nostro male va quindi visto, anziché proiettato all'esterno,  attribuendone la causa molto spesso a qualcun altro. Va invece considerato attentamente nella propria genesi. Ne vale la pena, mentre il gruppo e il conduttore aiutano questo processo  di proficua presa di coscienza. Anche per emergenze buone è importante saper vedere, perché a volte presentano aspetti illusori, di cui è bene essere altrettanto consapevoli. La  Meditazione, si disse, presenta un momento teorico- saggio, costituito da grandi discorsi volti a illustrarne il significato e l'importanza nella nostra economia psichica; così nella  psicoterapia del profondo. Noi allora possiamo documentarci anche leggendo vari libri su questi argomenti.

Ma ciò che conta in questo ambito è ritrovare un proprio pensiero, o piccola teoria-buonsenso-saggezza, circa la nostra motivazione personale a sederci silenziosi in contemplazione di quanto ci passa per il capo. Ma perché dovremmo dedicare tempo a fare  nulla, a fronte di tutti gli impegni che abbiamo, nella fretta e ansia quotidiana? Potercelo dire diventa essenziale, molto più del sentircelo dire. Il nostro piccolo discorso personale è  altrettanto importante quanto i grandi discorsi del Budda o del Cristo, di quelli dei loro seguaci nella storia e di chi ci viene istruendo in questo stesso momento. Qualcosa di simile  riguarda il momento etico della Meditazione. Se ne parla in termini molto generali a proposito dei cinque precetti buddisti, molto simili a quelli cristiani e di altre confessioni religiose.

Sono declinazioni esplicite circa il non fare il male a sé stessi e ad altri, come condizione basilare per promuovere il Bene:

  1. non uccidere,
  2. non rubare,
  3. non parlare male degli altri,
  4. non usare sostanze intossicanti,
  5. evitare abusi sessuali.

Ma l'etica, come Meditazione personale scende molto in profondità e come tale va distinta dalla morale, perché vi è una  differenza essenziale, È vero che queste due parole, la prima di derivazione greca, la seconda latina, riguardano entrambe il comportamento di ciascuno nei rapporti con gli altri. Tuttavia  nella storia del pensiero, il loro significato, si è notevolmente distanziato, soprattutto in Hegel. La morale sembra così più in relazione con le aspettative del gruppo di appartenenza, in  cui il nostro sguardo pare essere più rivolto a quello che gli altri pensano di noi e a che giudizio danno sul nostro comportamento. L'etica è invece più in dialogo intimo con i nostri valori  e con la nostra coscienza, prescindendo da qualsiasi suggestione esterna. La Meditazione è insomma qualcosa di complesso, sappiamo che è ritirarsi nella pratica interiore del  silenzio, assumendo particolari posture (seduti, in piedi, coricati, camminando), ma insieme implica molte parole, riflessioni e confronti verbali, per essere portata avanti. Essa mira alla  presenza mentale, ma poi implica la disposizione a mettere in questione sé stessi e si coniuga allora bene con la psicoterapia del profondo. La quale aiuta a mostrare la Resistenza ad  allargare il proprio intimo sguardo per vedere oltre la quotidianità, i propri affetti, con apertura a un mondo di possibilità, ampio come il cielo sconfinato. Meditazione è ancora Preghiera  e ricerca di connessione con la realtà assoluta della vita, presente innanzi tutto nel nostro intimo e molto meno oggetto di credenza in qualcosa di esterno a noi come  l'esistenza di Dio. Già il grande scienziato gesuita Teilhard de Chardin del resto celebrava la Messa sull'universo e parlava di Gesù come il punto omega della storia, verso cui tende  naturalmente, e non soprannaturalmente, l'evoluzione della vita. Nel Buddismo tutto si traduce infine nella pratica del nobile ottuplice sentiero, visto alla luce della psicologia del  profondo. Il quale consta, con le parole della tradizione di: Retta visione e intenzione - la Teoria, saggezza - Retta parola, azione, sussistenza - l'Etica - Retto sforzo, presenza mentale,  concentrazione - la Tecnica, che è via ascetica (esercizio costante) di guarigione, salvezza e gioia. (Continua)

MEDITAZIONE E PSICOTERAPIA IN TEMPO DI CRISI
di Sergio Audenino

Genova 19/1/024


Ai miei allievi dell'Università della Terza Età, ai miei amici e conoscenti.
Corso intensivo di Meditazione e Psicologia del Profondo: tre Meditazioni guidate nel Gennaio 2024.