INCENDIO DI CHAMBÉRY
Nel 1504 la Sindone fu collocata nella cappella “Sainte-Chapelle” del castello di Chambéry. In quegli anni, le ostensioni pubbliche e quelle private furono numerose. Quelle  pubbliche avvenivano sia il Venerdì Santo, sia al 4 maggio di ciascun anno, e queste ostensioni attiravano unamoltitudine di pellegrini e con loro giunsero alla Santa Cappella di  Chambéry numerosi doni e molte elemosine. Nella notte tra il 3 e il 4 dicembre 1532, festa di Santa Barbara protettrice dagli incendi e oggi anche patrona dei pompieri, un violento  incendio divampò improvvisamente nel corosacrestia della Sainte-Chapelle, la cassetta-reliquiario d’argento, che contiene la Sindone piegata, è danneggiata: una cerniera del  reliquiario d'argento aveva iniziato a fondersi e una goccia di metallo fuso aveva attraversato i quarantotto strati in cui era ripiegata la Sindone. Quando la Sindone viene spiegata, vi  si trovano segni longitudinali di carbonizzazione e bruciature agli angoli; ci sono anche macchie provocate dall'acqua gettata per spegnere l'incendio.

Salvataggio della Sindone

La figura, invece, era  rimasta indenne. C’è l’ipotesi, senza prove certe, che si trattò di un incendio doloso causato dai Calvinisti, i quali erano ostili nei confronti dei cattolicissimi duchi di Savoia e  rigettavano il culto dei santi e delle reliquie. Non mancano autori di parte cattolica quali il Pingone, storico piemontese che fu il primo studioso a pubblicare una storia di Torino e  una storia sulla Sindone, che sostenne l'origine dolosa dell'incendio, il quale affermò di esser stato testimone, quando ancora era ragazzo, al fatto e accusa i Calvinisti di esserne i  responsabili così come furono loro stessi i primi a diffondere la notizia che la Sindone era bruciata completamente. Siamo nel periodo in cui c’era una disputa teologica che sfociò  nella rottura dell'ecumene cattolica e nella nascita di nuove Chiese. A Chambéry, si radunò un'elite di cattolici che fuggivano da Ginevra e dai paesi conquistati dalla Riforma. I libri di  Lutero e dei riformatori furono bruciati e nel 1532 due ginevrini che predicavano le nuove dottrine furono arrestati e in seguito giustiziati. La Sindone che vi è custodita, seppur  gravemente danneggiata, è portata in salvo da Filippo Lambert, consigliere del Duca di Savoia, dal fabbro Guillaume Pussod, e da due francescani. Questi penetrarono nel coro,  dopo aver aperto un varco nella cancellata dove il fabbro si ustionò le mani, riuscendo a estrarre dalla nicchia il reliquario che conteneva la Sindone. Estratto il reliquario, si gettò  acqua su di esso e si portò in salvo. La notizia dell’incendio si propagò rapidamente insieme a varie congetture. Chi dava la Sindone per totalmente distrutta; chi per  miracolosamente Illesa, e chi sospettava che il Duca avesse sostituito la Sindone originale con una copia dipinta. Giovanni Calvino, riformatore religioso del cristianesimo protestante  europeo, riporta nel Trattato delle reliquie: “Quando brucia una Sindone, se ne trova subito un’altra il giorno dopo, è stato detto che è la stessa che c’era prima, che è  stata salvata miracolosamente dal fuoco. Ma il dipinto è così fresco che la menzogna non è servita, se solo si avesse avuto occhi per guardare”. Per tacitare tutte le varie illazioni, il Papa Clemente VII, su richiesta del duca di Savoia Carlo, incaricava, in data 28 aprile 1533 il card. Ludovico di Gorrevod di procedere a un’attenta perizia del panno che “piamente si crede del nostro Salvatore Gesù Cristo”. Un anno dopo, il 15 aprile 1534, avvenne la ricognizione ufficiale e la perizia fu eseguita dal card. Louis Gorrevod alla presenza di dodici  testimoni. Nel verbale ufficiale si affermò esplicitamente che la Sindone non era andata distrutta e che anche dopo due anni dall’incendio si confermava trattarsi della medesima,  conservata nella Santa Cappella di Chambéry, prima del drammatico evento. Il giorno dopo la perizia, in data 16 aprile 1534, si fece una solenne processione e la Sindone fu portata  dalle Clarisse di Stretta Osservanza, nel convento di Sainte-Claire-en- Ville a Chambéry, mentre suonavano tutte le campane della città, la Sindone fu recata in processione  personalmente dal card. Gorrevod, dal Duca di Savoia, dal Vescovo, dal Notaio apostolico, da numerosi Canonici, Ecclesiastici, e dalla Nobiltà, proveniente da tutta la Savoia e fu consegnata alla Madre Badessa Louise de Jargin, la quale affida a quattro tra le suore più pie la riparazione del Lenzuolo.

Suore Clarisse: Riparazione del telo

Nella cappella del Convento delle Clarisse, la Sindone è distesa su un tavolo e riconosciuta da ventitré persone tra il clero e l’alta nobiltà, le cui testimonianze sono registrate dal Notaio apostolico. Il card. Gorrevod fece presente che  nessuno poteva toccare la Sindone, senza incorrere nella scomunica, tranne le Clarisse stesse, sotto la sorveglianza e direzione della Badessa. Il popolo era accorso, le grate della  cappella furono aperte permettendo alle numerose persone che giornalmente si assiepavano dinanzi ad esse, potessero avvicinarsi il più possibile alla reliquia. Il Cardinale riunì le  suore e fece loro le raccomandazioni necessarie; fece recitare il Confiteor e diede loro l’assoluzione generale. Alla presenza di quattro guardie nominate dal duca di Savoia, che  montano la guardia giorno e notte, le suore inginocchiate cuciono i pezzi, i quali sono visibili ancora oggi: quattordici grandi pezzi e otto piccoli, tutti triangolari, ricavati da una  tovaglia d'altare. Esse rinforzano il Lenzuolo utilizzando anche tela di Olanda, la quale è rimasta fino al 2002, anno in cui la tela di Olanda fu rimossa. Due settimane più tardi, il 2 maggio 1534, due giorni prima della festa della Sindone il 4 maggio, la Sindone riparata è riportata solennemente nella sua cappella. E le ostensioni annue riprendono.

 

(Fonte: Maria Elisabetta Patrizi, De Sindone Nova et Vetera)

La sindone in pillole n.26
di Luigi Pinto