Una fugace notizia di cronaca, nel gennaio 1986, su un quotidiano di Antananarivo, capitale del Madagascar, annunciava le dimissioni di  Zoarinivo Razakatrimo, dal suo incarico di cartografa nell’amministrazione pubblica della città.
Per chi conosce Madame Zo, come si farà chiamare quando entrerà nel mondo dell’Arte, non è una scelta facile: è sola, con un figlio, senza marito. Si sente libera e affronta un itinerario che la condurrà ad essere una delle più affermate artiste tessitrici dell’Africa.
Ciò che caratterizza la sua carriera artistica è l’esigenza di innovare, di ricercare nuovi modi espressivi che portano ad aprire nuove frontiere e nuovi itinerari nell’arte tessile.
Assembla materiali che altri hanno scartato, recupera oggetti improbabili che fa rivivere, trasformandoli in textures astratte, valorizzandone la diversità, creando ritmi e dissonanze a seconda del colore, della luminosità, della consistenza. Tutto può esser tessuto: lana, seta, piante  officinali, ossa, fascette di plastica, carta di giornale, componenti di computer. Ciò che intreccia e annoda sono le trame delle storie depositate  nei materiali che riduce a “filati”. Certe sono oscurate come i nastri delle video cassette, altre evocate, come cortecce, erbe o stracci, altre  parlano come le pellicole in 16mm o le parole stampate dei giornali. Fibre così diverse danno vita a strutture che assumono aspetti di libertà e  creatività assoluta. L’espressività di Madame Zo ha bisogno di grandi spazi: il suo telaio è di misure inconsuete, tre metri per uno, rispetto al  tradizionale due metri per uno. Le permette di creare vaste superfici tessili che si compongono in modi diversi, creando nuove tipologie e ardite strutture. Nella sezione Arte nel supplemento Robinson, del quotidiano "La Repubblica" (22 X 23) Brunella Torresin ne propone la  specificità e l’originalità: "Le sue opere non sono tele dipinte, benché fatte anche di tela, non sono sculture, nonostante materia e oggetti  emergano dalla superficie della trama e dell’ordito. Non sono arazzi, benché la trasparenza iridescente di molti lavori realizzati con sottili fili di  rame fa di essi meravigliosi diaframmi luminosi. Non sono installazioni, benché le opere sospese compongano veri e propri spazi immersivi.  Sono tutte queste cose".

La giornalista sottolinea la consapevolezza dell’artista di aver spinto l’espressività del telaio verso nuovi linguaggi, di aver perseguito la rottura  di un patto di tradizione ancestrale e di averne introdotto uno nuovo, liberatorio: “Solo l’acqua non può esser tessuta”, dice.

La sua mostra è presentata nella sede della Fondazione “H” di Antananarivo e curata da Bérénice Saliou responsabile della piattaforma Documents d’Artistes dell’Isola della Réunion e Soh Bejeng Ndikung, oggi alla guida della Haus der Kuklturen der Welt di Berlino. Chi vorrà  offrirsi un viaggio in uno dei paesi più affascinanti del pianeta, il Madagascar, tramite tra la cultura indiana e quella africana, potrà godere un’esplosione di luci, di colori, di iridescenze presenti nella mostra delle opere di Madame Zo, aperta fino a febbraio 2024.

 

 

 

 

 

Cronache dal laboratorio di tessitura
FIBER ART NEL MADAGASCAR

(Le foto pubblicate in questo articolo sono di A. Moletto)